La geografia delle produzioni vitivinicole si modifica al passo del “Climate change”, che si ripercuote, soprattutto in Sicilia, sulle tecniche agronomiche. Con l’obiettivo di preservare la stabilità produttiva della filiera, Colomba Bianca – tra i più grandi produttori di vini biologici in Europa, con 6.200 ettari di vigneti – ha messo a punto dall’anno scorso un Osservatorio sull’uva, aperto a istituzioni e cantine dell’Isola, per monitorare i trend climatici e condividere know-how, coinvolgendo professionisti sul tema a livello nazionale.
«Stiamo cercando di andare verso un modello di agricoltura sostenibile – commenta Mattia Filippi di Uvasapiens, consulente enologo di Colomba Bianca – attraverso l’aumento della biodiversità e di sostanze organiche dei suoli: modelli agricoli complessi che prevedono coltivazione di boschi e di contesti ecologici più ampi. L’ho battezzata “Vitecologia” ed è l’unione tra gli orizzonti della nuova viticoltura e l’andamento ecologico, per contrastare fenomeni derivanti dai disallineamenti climatici: desertificazione, siccità, instabilità chimica e fisica del suolo». A fare un’analisi approfondita sull’impatto climatico in vigna è Luca Mercalli – presidente Società Meteorologica Italiana e giornalista scientifico – interpellato proprio da Colomba Bianca, l’esperto spiega: «Il clima mediterraneo della Sicilia genera condizioni favorevoli alla viticoltura, che tuttavia negli ultimi decenni stanno cambiando sotto la pressione del riscaldamento globale. La lunga serie storica dell’Osservatorio Vaiana di Palermo mostra nel periodo 1974-2022 un aumento della temperatura media di 2.5 °C. Inoltre, la vicinanza della Sicilia alla costa settentrionale africana rende più frequenti le incursioni del rovente anticiclone sahariano che l’11 agosto 2021 ha fatto registrare nella stazione del SIAS di Floridia (Siracusa), 48,8 °C: valore record di caldo per l’Italia e l’Europa».
In linea generale, la temperatura media annua sulla regione mediterranea è destinata ad aumentare (da 2 a 5 °C entro il 2100, a seconda delle opzioni di decarbonizzazione) e con essa ondate di calore, siccità, incendi forestali, alluvioni, nonché innalzamento del livello del mare (da 40 cm a 1 m a fine secolo), con danni alle infrastrutture costiere.
Gli inverni diventeranno più miti, con una riduzione nella frequenza delle ondate di freddo, mentre le estati diventeranno sempre più lunghe e calde, con valori estremi inediti. Il riscaldamento globale potrebbe dunque portare la Sicilia nei prossimi decenni a condizioni via via più simili ai paesi nord africani, dove la viticoltura, pur esistendo (in Marocco, Algeria, Tunisia), presenta produzioni medie nazionali che sono circa l’1% di quella italiana, a riprova dell’allontanamento di quei climi dalla fascia vocata del Mediterraneo centro-settentrionale.