Con il coronavirus a soffrire è anche il settore no-food

È di ieri la notizia che a Marsala oltre 150mila euro in fiori stanno marcendo nelle camere frigorifere. Prodotti pronti per il commercio e che invece di arrivare a fioristi (chiusi) o banchi dei cimiteri (vietati i funerali) stanno terminando la loro vita in una cella frigorifera.
Il Coronavirus è arrivato nel momento clou della stagione per la produzione e commercializzazione di piante e fiori. Sono così crollate le vendite con ripercussioni sul fatturato dei mesi più importanti dell’anno per questa produzione.
A piangere sono naturalmente i produttori che hanno lavorato per assicurare un prodotto che nella cittadina trapanese riesce ancora a trovare una zona votata e coltivatori esperti.
Non solo fiori però. Anche Mario Faro, della Piante Faro ha da lamentarsi. Uno storico vivaio di questa portata soffre terribilmente. Avere piante pronte per le consegne e non poterle consegnare vuol dire non incassare. Non incassare per le aziende equivale ad interrompere un flusso di denaro utile a tenere in piedi tutta la macchina produttiva e organizzativa.
Decine e decine di impiegati, bollette, e quanto serve per far vivere il bene più prezioso per una azienda agricola: la pianta. Il recente decreto “cura Italia” sembra aver dimenticato queste realtà. Tutto ciò che non viene classificato come food soffrirà più di tutti per delle misure ancora troppo tiepide.

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