Enea, 5×1000 alla protezione delle api

Biotecnologie avanzate e supercomputer per salvare le api, minacciate da cambiamento climatico, inquinamento, pesticidi e da alcuni insetti invasivi che distruggono gli alveari. A queste attività Enea destinerà i fondi del 5×1000 che i contribuenti vorranno assegnare alla ricerca scientifica dell’Agenzia, indicando nella dichiarazione dei redditi 2023 il codice fiscale 01320740580.

Per preservare queste preziose “sentinelle della biodiversità”, responsabili dell’impollinazione di gran parte delle specie vegetali, della produzione di cibo e dell’integrità biologica del nostro pianeta, un team di ricercatori dell’Enea sta sviluppando un innovativo biopesticida in grado di fermare gli insetti ‘nemici’ di api e alveari, senza rischi per l’ambiente e la salute umana.

“Alla base del nuovo antiparassitario Enea ci sono le biotecnologie che sfruttano un meccanismo naturale presente in organismi vegetali e animali per colpire i geni necessari allo sviluppo e alla sopravvivenza di questo parassita degli alveari”, spiega Salvatore Arpaia, ricercatore della Divisione Enea di bioenergia, bioraffineria e chimica verde. “Inoltre – aggiunge – sarà fondamentale il contributo del supercalcolatore CRESCO, il secondo più potente d’Italia, che grazie al 5×1000 ci permetterà di elaborare tutti i dati di bioinformatica ottenuti dal laboratorio che ha svolto le attività di genomica e biologia molecolare sugli insetti presso il Centro Ricerche Trisaia”.

Con i finanziamenti del 5×1000 sarà possibile condurre nuove prove sperimentali di lotta agli insetti infestanti, in particolare al piccolo coleottero dell’alveare Aethina tumida, classificato come patologia emergente delle api. “Il Ministero della Salute, che tramite gli istituti zooprofilattici si occupa del monitoraggio delle specie dannose per le api, sta seguendo con attenzione le nostre sperimentazioni che prevederanno a breve la produzione di quantità più elevate delle molecole per programmare anche una prova di efficacia su colonie intere di api infestate in condizioni controllate”, conclude Arpaia.

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