Un valore economico stimato tra i 6 e 7 miliardi di euro e un facile sbocco per le produzioni biologiche. È quello che secondo Italia Bio si produrrebbe creando virtuosi circuiti economici territoriali se si attivassero le mense bio per tutta la popolazione scolastica nazionale e se la fornitura delle stesse avvenisse con prodotti biologici di prossimità che spesso soffrono di scarso appeal vuoi per il costo spesso più elevato, vuoi per scarsa conoscenza o diffidenza dei consumatori.
L’analisi del sistema mense da cui scaturisce la proposta di Lillo Alaimo di Loro, presidente di Italia Bio, è impietosa: bassa incidenza delle mense bio sul totale delle mense operanti in Italia: su 400 milioni di pasti mediamente erogati in un anno, meno dell’1 per cento sono bio. Ma non solo. Ben 272 milioni di pasti sono somministrati da aziende private e solo 128 milioni sono preparati “in house”. Un valore stimabile in oltre 1,2 miliardi di euro che, per ben il 66 per cento, risulta fatturato da otto grosse azienda nazionali e multinazionali. Per Italia Bio, non è più tollerabile che solo il 26 per cento delle scuole italiane possa offrire il servizio mensa e che il numero di mense attive sia rarefatto soprattutto al Sud, proprio nelle regioni dove la popolazione scolastica è dislocata in maggiore percentuale in aree periferiche e ultra periferiche e dove più disponibili sono i prodotti biologici. La scarsa adesione delle scuole al tempo prolungato, poi, oltre ad essere pre-condizione della mensa scolastica, costituisce una mancata opportunità per le famiglie dove a lavorare sono entrambi i genitori. “Si tratta di occasioni mancate – continua Di Loro – perché si potrebbe trasformare l’intero sistema della scuola dell’obbligo in una efficiente macchina di educazione alimentare e laboratorio di convivialità e corretti stili di vita”.
